13 luglio 1920: la “notte dei cristalli” di Trieste

13 luglio 1920: la “notte dei cristalli” di Trieste

Il 13 luglio 1920 la storia e la vita del Narodni dom (la “casa nazionale” del popolo sloveno a Trieste) vennero interrotte da un incendio doloso. Dopo un comizio in piazza Unità d’Italia, estremisti fascisti e nazionalisti attaccarono una ventina di attività gestite da slavi (caffè, negozi, banche e ditte), il consolato jugoslavo e, soprattutto, il Narodni dom. L’incendio, domato solamente il giorno successivo, ridusse in cenere gli ambienti modernamente arredati, i libri, gli strumenti musicali, gli archivi, e con essi gran parte del patrimonio culturale degli sloveni di Trieste. Il rogo del Narodni dom non fu il solo atto di intolleranza: già prima del 13 luglio vi furono i primi segnali che condurranno a venticinque anni di crescente oppressione e persecuzione nei confronti degli sloveni. Il Regno d’Italia e soprattutto il regime fascista li privarono del diritto all’uso della lingua madre e, con la chiusura delle scuole, i confinamenti e le deportazioni, misero a rischio la sopravvivenza stessa della comunità slovena a Trieste. Il tragico ricordo venne immortalato dalle parole dello scrittore Boris Pahor ne “Il rogo del porto”: “Sulla via Commerciale non era scesa la sera, l’incendio sopra i tetti sembrava venire dal sole che liquefacendosi sanguinava nel crepuscolo. Il tram per Opčine si era fermato, gli alberi nel giardino dei Ralli apparivano immobili nell’aria color porpora. Loro due correvano tenendosi per mano e nell’aria, sopra le loro teste, volavano le scintille che salivano da piazza Oberdan. […] Piazza Oberdan era piena di gente che gridava in un alone di luce scarlatta. Attorno al grande edificio invece c’erano uomini in camicia nera che ballavano gridando: “Viva! Viva!” Correvano di qua e di là annuendo con il capo e scandendo: “Eia, eia, eia!”. E gli altri allora di rimando: “Alalà!”. Improvvisamente le sirene dei pompieri cominciarono a ululare tra la folla, ma la confusione aumentò perché gli uomini neri non permettevano ai mezzi di avvicinarsi. Li circondarono e ci si arrampicarono sopra, togliendo di mano ai pompieri le manichette”.

Marco Travaglini