Biellese, 1944. Il Contratto della Montagna tra operai e industriali al tempo della lotta partigiana
Il Contratto della Montagna è stato un contratto sindacale, frutto di vari incontri tra rappresentanti dei lavoratori e industriali del distretto biellese – con la protezione delle formazioni partigiane – che fu concluso tra il giugno 1944 e il marzo 1945, probabilmente l’unico contratto stipulato in Europa in piena guerra e sotto l’occupazione nazista. Per comprenderne l’importanza occorre fare un passo indietro. Nel marzo del 1943 il territorio biellese registrò una partecipazione agli scioperi molto importante: oltre settemila lavoratori tessili incrociarono le braccia astenendosi dal lavoro rivendicando a gran voce “pane e pace”. La repressione fascista fu pesante, ma quelle manifestazioni di protesta provocarono un’ampia solidarietà popolare che influenzò anche parte del mondo imprenditoriale al punto che vi furono persino industriali che impedirono alle squadracce fasciste di entrare in fabbrica “per dare una lezione agli operai” rivendicandone la proprietà privata. In qualche misura stava crescendo un particolare clima di collaborazione. Gli incontri tra le organizzazioni sindacali clandestine e alcuni industriali biellesi iniziarono già nell’estate del 1943 e portarono a primi, limitati accordi salariali. Quegli incontri e quei primi accordi, al di là dei loro contenuti, aprirono una breccia attraverso la quale passarono princìpi che sarebbero diventati determinanti nei mesi successivi: la partecipazione diretta dei lavoratori alla contrattazione liberata della soffocante mediazione con il sindacato fascista; rapporti paritari e collaborativi con gli industriali, lontani dalla logica corporativa del regime; una visione comune che intravedeva già la ricostruzione di una società, distrutta dalla dittatura, fondata su regole democratiche. Nella primavera del 1944 si formarono i primi Comitati unitari di zona e vennero stipulati i “contratti di valle” che riguardavano le imprese presenti nelle principali vallate del territorio biellese. Si stabilivano così rapporti sempre più frequenti tra operai e datori di lavoro al di fuori della organizzazione fascista. Quei contratti prevedevano aumenti salariali e maggiori tutele del lavoro, soprattutto di quello femminile. La caratteristica comune era l’esclusione dalle trattative del sindacato fascista. Quegli incontri clandestini furono resi possibili dalla vigile protezione delle formazioni partigiane, le quali però non presero parte attiva alle trattative e non influirono in nessun caso gli accordi. La repressione fascista non tardò a farsi sentire, vedendo compromessa la propria presenza tra i lavoratori. Furono molti i casi di fucilazioni, deportazioni e pestaggi. Ma tutto ciò non piegò la lotta della classe operaia biellese e non impedì la continuazione di quegli incontri tra i sindacati clandestini e gli imprenditori. La conseguenza più evidente fu il rafforzamento del legame che divenne via via sempre più stretto tra movimento partigiano e lavoratori. Nel tardo autunno ripresero le trattative che portarono a modificare le parti relative alle retribuzioni. In seguito (tra fine gennaio e inizio febbraio 1945) si unificarono i vari contratti di valle e all’Associazione laniera di Biella si tenne una riunione per discutere sulla possibilità di applicazione generale del Contratto per tutte le aziende del Biellese (che prese il nome di “Contratto della Montagna”). Oltre alla grande importanza che queste intese che puntavano all’estensione dell’applicazione a tutto il territorio di un unico testo normativo e salariale, veniva messa in discussione la stessa Repubblica di Salò e l’articolazione del sindacato unico di regime. Le intese erano frutto di accordi e di nuovi principi destinati a durare nel tempo. E così fu. Il 28 aprile 1945, quattro giorni dopo la liberazione di Biella, la Camera dell’Industria emanava la disposizione con la quale il Contratto della Montagna, valido non solo per il settore tessile ma per la quasi totalità degli altri settori dell’industria, l’unico liberamente stipulato nel periodo dell’occupazione nemica in Italia, veniva ufficialmente riconosciuto. Da quel giorno gli accordi delle valli del giugno ’44 ed i patti successivamente stipulati nel Biellese durante la Resistenza divennero di fatto la piattaforma per tutti i contratti stipulati in sede nazionale a Liberazione avvenuta. Quando nel 1980 la Città di Biella venne insignita della Medaglia d’Oro al Valor Militare per i sacrifici delle sue popolazioni e per la sua attività l’attività partigiana, nelle motivazioni al conferimento entrò a pieno titolo anche il Contratto della Montagna: “Per le genti del biellese – ribelli da sempre al servaggio e all’ingiustizia, dalle gloriose tradizioni Risorgimentali, prime nelle grandi lotte sociali – la Resistenza fu spontanea riaffermazione d’attaccamento alla Libertà ed agli insopprimibili diritti dell’uomo. Migliaia di Ebrei e di ex militari italiani e alleati furono sottratti alla deportazione della popolazione generosa, fonte e supporto determinante delle formazioni armate. Eroica quotidiana lotta, nonostante feroci rastrellamenti e barbare rappresaglie - sabotaggio della produzione per i nazisti - fabbricazione di armi per le Formazioni partigiane - incursioni di sabotatori anche lontano dalle basi biellesi - massicce azioni di collegamento con le Forze Alleate - atti di autogoverno del Cln in tutta la zona, quali: tassazione straordinaria, stipulazione ed applicazione “Contratto sindacale della Montagna”, in uno con il salvamento totale delle fabbriche e l’autoliberazione di Biella, prima tra le Città del Nord, completano il quadro operativo ed illustrano l’efficienza della Resistenza Biellese”.
Marco Travaglini
Marco Travaglini