Estate 1945, la guerra non era finita

Milano, estate 1945. In una città annichilita dai bombardamenti e dalla fame, un gruppo di partigiani riprende le armi. Sono giovani, giovanissimi: la maggior parte non ha nemmeno vent’anni. E sono pochi, non più di cinquanta. In meno di tre anni, tutti conosceranno il nome della Volante Rossa. Per capirne la storia bisogna ricostruire il clima che si respirava in quei giorni in Italia ed è quello che fa Francesco Trento nel suo libro La guerra non era finita. I partigiani della Volante rossa (Laterza). Mussolini era sconfitto, Hitler giaceva sotto le macerie del suo bunker a Berlino, l'Italia tornava libera. Ma erano in molti, a destra a sinistra, a tenere ben oliati mitra e pistole. Qualcuno, quelle armi, le usò. Vendette personali e politiche erano all'ordine del giorno. Anche perché, è bene ricordarlo, i fascisti erano tutt'altro che scomparsi. Anzi, erano ancora organizzati militarmente. In alta Italia erano decine le formazioni clandestine: i Reparti antitotalitari antimarxisti monarchici, le Squadre d'azione Mussolini, il Movimento unitario nazionale e molti altri. Pochi mesi dopo la Liberazione, nella Casa del Popolo di Lambrate, il comandante della 118a Brigata Garibaldi Giulio Paggio, il “tenente Alvaro”, riunì alcuni partigiani. Disse loro che la guerra non era finita, che bisognava riprendere le armi. La prospettiva ultima era quella di farsi trovar pronti, se la rivoluzione avesse proseguito il suo cammino. Ma la spinta immediata, il pungolo all’azione, era il desiderio di stanare i fascisti impuniti, trovare quelli che sono sfuggiti al giusto castigo, e pareggiare finalmente i conti. Una storia drammatica, in bilico tra le azioni da servizio d’ordine e l’omicidio politico. Un libro, questo di Francesco Trento, su una parte di storia negata, persino imbarazzante, che l’autore ricostruisce con una trama densa, documentata come un saggio storico, narrata con il passo del cinema d’azione. Lontano anni luce dal revisionismo oggi così di moda, La guerra non era finita è un libro da leggere senza pregiudizi perché serve a restituire il clima di un tempo difficile dove la nuova Italia muoveva i suoi primi passi tra le rovine del dopoguerra.

Marco Travaglini