Eusebio Giambone, un eroe della Resistenza

Lo scorso anno, in corso Eusebio Giambone a Torino, la compagnia Assemblea Teatro mise in scena “Lettera di un condannato a morte della Resistenza”, uno spettacolo itinerante pensato da Renzo Sicco con lo scopo di raccontare la storia di uno dei martiri della Resistenza a Torino, in collaborazione con la nostra sezione dell’ Anpi intitolata proprio a Giambone. Il vocabolario della lingua italiana, alla voce toponomastica, precisa come si tratti di un “insieme dei nomi di luogo e dello studio di essi”. Spesso percorriamo o abitiamo strade o piazze di cui memorizziamo i nomi, molte volte senza approfondire o neppure sapere di che avvenimenti trattano, a quali persone si riferiscano, da quando si chiamano così e che storia celano al loro interno. Nel caso di Eusebio Giambone si tratta di una delle figure più importanti della lotta di Liberazione e della resistenza al fascismo e all’occupazione nazista. Nato a Camagna Monferrato il 1° maggio 1903 e trasferitosi a Torino in tenera età con la famiglia, a seguito del padre dipendente delle ferrovie, Eusebio Giambone, dopo aver frequentato le scuole tecniche, trovò lavoro come tornitore in un'industria torinese. Cresciuto in borgo San Paolo, entrò giovanissimo nelle file della Gioventù socialista. Vicino al gruppo dell'Ordine nuovo, prese parte all'occupazione delle fabbriche nel settembre 1920 e aderì al Partito comunista d'Italia sin dalla sua fondazione. Aggredito dagli squadristi fascisti, arrestato nel 1921 e condannato a nove mesi di carcere, fu costretto dalle continue minacce a emigrare in Francia nel dicembre 1922. Nel 1923 raggiunge a Lione il fratello Vitale (che accorrerà in difesa della repubblica spagnola nelle file delle Brigate internazionali e cadrà sul fronte di Huesca nel 1937) e qui si sposò con Louise Breysse. Giambone proseguì la propria attività politica nell'emigrazione (entrando anche a fare parte del consiglio nazionale dell'Unione popolare italiana istituita nel 1937) fino all'arresto da parte della polizia francese nel maggio 1940 e al successivo internamento nel campo di Le Vernet, ai piedi dei Pirenei. A seguito del rimpatrio degli antifascisti italiani stabilito dal regime di Vichy nel luglio 1941 venne consegnato alla polizia fascista che, dopo averlo imprigionato nelle carceri Nuove di Torino, lo inviò al confino a Castel Baronia con la famiglia. Liberato nell'agosto 1943, dopo la caduta del fascismo, Eusebio Giambone rientrò a Torino e riprese i contatti con il Partito comunista. Da subito attivo nella Resistenza, con il nome di battaglia “Franco”, si adoperò nell'organizzazione dei lavoratori delle fabbriche, rappresentando il Pci nel Comitato militare costituito dal Comitato di liberazione nazionale regionale piemontese. Il 31 marzo 1944 venne arrestato dai fascisti con gli altri componenti del Comitato militare nel corso di una riunione clandestina convocata nella sacrestia della chiesa di San Giovanni. Condannato a morte dal Tribunale speciale al termine di un processo farsa svoltosi il 2 e 3 aprile, venne fucilato il 5 aprile presso il Poligono del Martinetto con Franco Balbis, Quinto Bevilacqua, Giulio Biglieri, Paolo Braccini, Errico Giachino, Massimo Montano e Giuseppe Perotti. La sua memoria è stata insignita della medaglia d'oro al valor militare e le lettere di addio da lui scritte alla moglie e alla figlia Gisella sono pubblicate nelle Lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana. Giambone scrisse alla moglie: “Cara adorata Luisetta, le cose che vorrei dirti sono tante che non so da dove cominciare […]”. E poi, alla figlia: “Cara Gisella, quando leggerai queste righe, tuo papà non sarà più […]”. Sono le ultime, struggenti lettere, pacate e colme d’amore, di un eroe come Giambone che, dopo aver subito il processo sommario che lo condannava a morte, apriva per l’ultima volta il suo cuore a sua moglie e sua figlia per dare loro la forza di continuare. Quella di Eusebio era la ferma serenità dei Giusti che si preparano all’ora finale. Oggi lo ricordiamo come uno dei tanti eroi, uomini e donne, della Resistenza partigiana che ha portato alla Liberazione dell’Italia, il 25 aprile 1945, dal giogo della dittatura e della guerra.


Marco Travaglini