Il 25 luglio e la storica pastasciutta antifascista dei Cervi

Il 25 luglio del ’43 Benito Mussolini venne arrestato, creando la temporanea illusione della fine del regime e della guerra. In realtà le cose andarono diversamente e i mesi successivi furono segnati dalle peggiori sofferenze per il popolo italiano, ma in quelle ore si festeggiò in tutta Italia la destituzione del Duce. Nella bassa pianura reggiana, fra i comuni di Gattatico e Campegine, in località Campi Rossi, dalla casa colonica dei Cervi partì uno degli eventi spontanei più originali, con una grande pastasciutta offerta a tutto il paese, distribuita in piazza a Campegine dalla famiglia per festeggiare l’evento, come disse Papà Cervi, con il “più bel discorso contro il fascismo, la pastasciutta in bollore”. I sette fratelli Cervi con i genitori e tutti i famigliari portarono la pastasciutta in piazza, nei bidoni per il latte. Con un rapido passaparola la cittadinanza si riunì attorno al carro e alla birocia che aveva portato la pasta. Tutti in fila per avere un piatto di quei maccheroni conditi a burro e formaggio che, in tempo di guerra e di razionamenti, rappresentavano prima di tutto un pasto prelibato, quasi di lusso. C’era tanta fame ma c’era anche la voglia di uscire dall’incubo del fascismo e della guerra, il desiderio di “riprendersi la piazza” con un moto spontaneo dopo anni di adunate a comando e di divieti. Di quel 25 luglio, di quella pagina di storia italiana è rimasto poco nella memoria collettiva. Eppure si manifestò in quei giorni di settantanove anni fa uno spirito genuino e pacifico di festa popolare: prima dell’8 settembre, dell’occupazione tedesca, della Repubblica di Salò. Prima delle brigate partigiane e della lotta di Liberazione. Contadini mezzadri, i Cervi già all’inizio degli anni ’30 avevano espresso un deciso orientamento antifascista. I sette figli maschi di Genoeffa Cocconi e Alcide Cervi — Gelindo, Antenore, Aldo, Ferdinando, Agostino, Ovidio ed Ettore — vennero fucilati insieme a Quarto Camurri per rappresaglia nel dicembre del 1943 e la loro vicenda assunse subito un forte valore simbolico. La loro casa, punto di riferimento e di concreto aiuto per antifascisti, renitenti alla leva e per chi si opponeva alla guerra, è diventata il “Museo per la storia dei movimenti contadini, dell’antifascismo e della Resistenza nelle campagne”. Da più di vent’anni questa festa antifascista, popolare e genuina, rivive non solo nell’aia del Museo Cervi ma in molte località del Paese. Anche in Piemonte si svolgeranno diverse manifestazioni in tutte le province organizzate dall’Anpi e dalle associazioni democratiche. L’idea di “esportare” la festa della pastasciutta ha conquistato e continua a conquistare territori e comunità, riproponendo gli stessi ingredienti della serata di casa Cervi: la festa per la caduta del fascismo, la pastasciutta, la rievocazione storica. E l’insopprimibile desiderio di libertà, pace e giustizia mai così forte e necessario come in questi tempi difficili.


Marco Travaglini