Il memoriale della Shoah a Milano, un luogo per ricordarsi di ricordare

La Fondazione Memoriale della Shoah di Milano è nata con lo scopo di realizzare un luogo di memoria e incontro negli spazi sottostanti alla Stazione Centrale di Milano. L’area dove oggi sorge il Memoriale della Shoah di Milano originariamente era adibita alla movimentazione dei vagoni postali, e tra il 1943 e il 1945 fu il luogo in cui migliaia di ebrei e oppositori politici furono caricati su vagoni merci, trasportati al sovrastante piano dei binari. Una volta posizionati alla banchina di partenza venivano agganciati ai convogli diretti ad Auschwitz- Birkenau, Mauthausen e altri campi di sterminio e di concentramento, o ai campi italiani di raccolta come quelli di Fossoli e Bolzano. Il 6 dicembre 1943 partì il primo convoglio di prigionieri ebrei (169 persone, ne tornarono 5), il 30 gennaio 1944 il secondo, entrambi diretti ad Auschwitz-Birkenau. Soltanto 22 delle 605 persone deportate quel giorno sopravvisse. Tra di loro Liliana Segre, allora tredicenne, che benché così giovane sopravvisse all’amatissimo padre. Tra tutti i luoghi che in Europa sono stati teatro delle deportazioni, oggi il Memoriale è il solo ad essere rimasto intatto. Un luogo che rende omaggio alle vittime dello sterminio e rappresenta un contesto vivo e dialettico in cui rielaborare attivamente la tragedia della Shoah. Un luogo di commemorazione, quindi, ma anche uno spazio per costruire il futuro e favorire la convivenza civile. Il Memoriale vuole essere, infatti, un luogo di studio, ricerca e confronto: un memoriale per chi c’era, per chi c’è ora ma soprattutto per chi verrà.

La visita…

Superato l’ingresso principale affacciato su piazza Edmond J. Safra 1, i visitatori accedono all’atrio, dominato da un lungo muro lacerato al centro, nel quale è incisa la grande scritta “Indifferenza”, la quintessenza secondo Liliana Segre, deportata da questi spazi, del motivo per il quale la Shoah è stata possibile. È un ammonimento iniziale che accompagna i visitatori durante l’intera visita al Memoriale. Una lunga rampa sospesa dal pavimento dell’atrio collega il piano di ingresso al livello rialzato avvolgendosi intorno al “Muro dell’Indifferenza” e facendo “scomparire” i visitatori all’interno dell’area. Al termine della rampa è posizionata l’area di accoglienza, con un desk informazioni e, sul retro, i servizi per i visitatori (guardaroba e servizi igienici). Raggiunta così la terza campata, ha effettivamente inizio il percorso dei visitatori all’interno del Memoriale. Il primo allestimento permanente che si incontra – dove le guide fanno la loro prima sosta – è l’osservatorio dove si proietta un filmato dell’Istituto Luce che, illustrando l’utilizzo originario dell’area e il funzionamento del monta vagoni, permette di comprendere come quest’area nascosta al pubblico fu requisita dall’occupante nazista nel settembre 1943 e adibita fino alla liberazione, nel 1945, alla formazione dei treni speciali diretti ai campi di transito, di concentramento e di sterminio. Sotto la passerella si trova una simbolica “aiuola di pietre” che rimanda sia ai binari del treno, sia all’usanza ebraica di posare una pietra in memoria dei defunti. Nella seconda campata, alle spalle delle stanze delle testimonianze dove si proiettano le interviste videoregistrate dei sopravvissuti, sorge anche lo “spazio mostra” dedicato a Bernardo Caprotti. La demolizione dei tramezzi non originali che separavano la terza campata dalla zona dei binari di manovra consente la vista della banchina delle deportazioni  o area dei binari. Qui i visitatori si trovano di fronte a dei vagoni merci  originali, sui quali venivano caricati a forza i prigionieri, fra urla, grida e latrati dei cani. Su ciascun carro, normalmente adibito al trasporto di 8 cavalli, venivano ammassate circa 80 persone – donne, uomini, vecchi, bambini – che avrebbero viaggiato per giorni in condizioni disumane. I carri caricati di prigionieri e sprangati venivano posizionati su un carrello traslatore, per finire su un ascensore monta vagoni. Sollevato dal ventre della stazione, ogni vagone usciva all’aria aperta, su un binario di manovra, posizionato tra i binari 18 e 19, appena al di fuori dell’enorme tettoia della stazione. Una volta formato, il convoglio partiva “per ignota destinazione”. Oltre il vagone, in corrispondenza di un successivo binario, di fronte al monta vagoni, è collocato il Muro dei Nomi, ai piedi del quale si trovano le lapidi dei convogli. Al termine della banchina, dalla parte opposta del monta vagoni, attraverso una rampa elicoidale si accede al cosiddetto luogo di Riflessione, spazio a sezione tronco-conica nel quale è possibile sostare, confrontarsi, pensare, pregare. A questo livello il progetto prevede infine una biblioteca specializzata con una capacità di circa 45.000 volumi, uno spazio per mostre temporanee, un bookshop, oltre agli uffici della Fondazione e alle zone di servizio, con affaccio su piazza Safra: spazi tutti ancora in fase di realizzazione. Infine, al piano interrato, si trova l’auditorium (200 posti), punto di incontro e dibattito per le scolaresche, dedicato a conferenze, convegni e presentazioni di carattere storico, culturale e sociale. In futuro verrà realizzato anche l’archivio-libri della biblioteca soprastante, la cosiddetta “sala dei Memoriali”.


Marco Travaglini