La tenacia di Elvira Berrini Pajetta

Il 13 settembre del 1963 si spegneva a Romagnano Sesia (No) Elvira Berrini, conosciuta come “mamma Pajetta”. Lo stesso giorno di settembre in cui,  anni dopo, cessò di vivere anche il maggiore dei suoi figli, Giancarlo Pajetta. Elvira, nata a Novara nel 1887, figlia di un ingegnere delle Ferrovie e di una contadina. Dopo aver conseguito il diploma di maestra elementare preferì lasciare Roma (seguendo il lavoro del padre era cresciuta tra la capitale e Torino ) per insegnare a Taino, piccolo paese lombardo sulle pendici collinari della sponda “magra” del lago Maggiore, di cui la famiglia era originaria. Dopo aver sposato l’avvocato Carlo Pajetta si trasferì a Torino, insegnando nel popolare quartiere operaio di Borgo San Paolo, il “borgo rosso”, dal 1910 al 1927. Fu lì che conobbe Camilla Ravera, diventandone amica e compagna di lotta. In quel quartiere nacquero anche i suoi primi due figli, Gian Carlo e Giuliano. Il terzo e ultimo, Gaspare, venne alla luce a Taino il 27 giugno del 1925 e morì giovanissimo il 13 febbraio del 1944, cadendo in combattimento contro nazisti e fascisti a Megolo, in bassa Val d’Ossola . Arrestata col marito per l’impegno politico dei figli maggiori ed esonerata dall’insegnamento, “mamma Pajetta” (come venne affettuosamente chiamata nel secondo dopoguerra) fu tra le animatrici a Torino del “Soccorso rosso” e fece spesso la spola con la Francia, quando il secondogenito Giuliano vi si era rifugiato, prima di partecipare alla guerra di Spagna, combattendo nel fronte repubblicano. La dolorosa perdita di Gaspare moltiplicò il suo impegno nella lotta antifascista. Dopo la Liberazione, Elvira Berrini Pajetta venne eletta nel Consiglio comunale di Torino, ricoprendo la carica di assessore alla Pubblica Istruzione.
Un comizio di Elvira Pajetta negli anni 50 2jpg
Attivissima nel Pci e nell’Unione Donne Italiane, presidente dell’Istituto piemontese per la storia del movimento di Liberazione, fu tra le donne più popolari del Piemonte negli anni della ricostruzione dopo la guerra. Colpita da un grave malattia che combatté vanamente per due anni ,alla morte venne sepolta nella stessa tomba che il giovane Gaspare divideva con l’amico Aldo Carletti, nel piccolo cimitero di Megolo. Nello stesso luogo all’ombra del Cortavolo dove, nel tempo, l’intera famiglia Pajetta si è riunita per sempre.



Marco Travaglini