Mauthausen, all’ombra della “fortezza di pietra”

IL DANUBIO, LE LEGGI DI KEPLERO E GLI ANNI GIOVANILI DI HITLER

Linz è stata la prima meta del viaggio. Tra le tre città più
importanti dell'Austria è anche anche una delle località più
conosciute e culturalmente affascinanti dell'Europa centrale. Capitale
europea della Cultura nel 2009, annovera tra i suoi cittadini illustri
l'astronomo e matematico tedesco Keplero che nel 1618 vi scoprì le
leggi che regolano il movimento dei pianeti. Ma la città sul Danubio è
nota anche per aver ospitato Adolf Hitler - nato a Braunau, in Alta
Austria - quando, negli anni della sua giovinezza, aspirava a diventare
un pittore.

MAUTHAUSEN, SIMBOLO DEI LAGER NAZISTI

A venti chilometri da Linz, Mauthausen rappresenta nell'immaginario
collettivo uno _dei _simboli dei lager nazisti, al pari di Auschwitz.
La
sua istituzione risale all'8 agosto 1938, alcuni mesi dopo l'annessione
dell'Austria alla Germania nazista mentre la sua liberazione, per opera
delle truppe alleate, data al 5 maggio 1945. Mauthausen era il "campo
madre" di un gruppo di una quarantina di strutture concentrazionarie,
di
diverse dimensioni, sparse in buona parte dell'Austria. Edificata con
il
granito della sottostante cava, l'incombente fortezza di pietra ricorda
nel suo profilo architettonico uno stile orientaleggiante, tanto che i
prigionieri ne ribattezzarono la porta d'accesso principale con il nome
di "porta mongola".

CAMPO DI LAVORO E PRIGIONIA DURANTE LA "GRANDE GUERRA"

A Mauthausen, già durante la Prima guerra mondiale, l'Impero
Austro-ungarico aveva individuato un luogo di internamento e prigionia
per quei militari degli eserciti nemici catturati durante i
combattimenti sul fronte orientale e meridionale. Anche allora i
prigionieri venivano obbligati al lavoro nella cava di granito,
utilizzato per la pavimentazione delle strade. Tra il 1914 e il 1918 vi
confluirono circa 40mila persone, perlopiù di origine russa, serba e
italiana. Di esse almeno novemila vi perirono, tra cui 1.759 nostri
connazionali, a causa della fame e degli stenti, anche se il campo di
prigionia di allora nulla aveva a che fare con quello che vent'anni
dopo
venne istituito dai nazisti.

campo di mauthausenjpg

GLI OPPOSITORI RINCHIUSI NELLA "FORTEZZA DI PIETRA"

La quasi totalità di quanti vennero rinchiusi a Mauthausen tra il 1938
e il 1945 lo fu per ragioni politiche o razziali: la parte restante era
costituita da delinquenti comuni, i cosiddetti "asociali" e gli
appartenenti ai popoli zingari. Complessivamente i prigionieri furono
circa 200mila di cui 50mila polacchi, 40mila sovietici, 40mila ebrei
(perlopiù ungheresi e polacchi), 6.781 italiani e 127 donne. Tra
l'agosto 1938 e il luglio 1945 (calcolando anche chi perse la vita dopo
la liberazione a causa degli stenti patiti) le morti furono 100mila,
praticamente la metà di quanti furono internati tar quelle mura. Un
numero pazzesco, al quale vanno aggiunti quanti furono sterminati con
il
gas, nel vicino castello di Harteim e nella camera a gas del lager,
dove
veniva usato il mortale Zyklon B a base di acido cianidrico (o acido
prussico). Altri ancora furono uccisi con il ricorso ai _Gaswagen_,
veicoli sigillati dove i malcapitati erano soffocati dai gas
provenienti
dai tubi di scappamento.

LA CAVA E I 186 GRADINI DELLA "SCALA DELLA MORTE"

L'orario di lavoro nel lager era di undici ore. La razione di cibo
quotidiana non superava le 1.500 calorie (ma spesso era inferiore),
corrispondente a meno della metà di quella necessaria. Le conseguenze
erano la fame cronica e la malnutrizione, le malattie e, da ultimo, la
morte. Nei primi di anni la durata media della vita degli internati
raggiungere i quindici mesi poi, con il passare del tempo, diminuì a
sei e, nei periodi più duri e drammatici, a tre. La "_scala della
morte_" collegava con la sottostante cava per l'estrazione del granito.
Lungo i centottantasei gradini di questa scala scavata nella roccia
della collina, i deportati erano costretti a salire e scendere più
volte al giorno, portando a spalla sacchi pieni di massi. Chi cadeva
esausto, travolgeva i compagni di sventura con un terribile
effetto-domino. Oppure i prigionieri venivano allineati lungo il bordo
del precipizio, definito con nero sarcasmo dalle SS come il "_muro dei
paracadutisti_", costretti a scegliere se ricevere un colpo di pistola
o
gettare nel vuoto il compagno al proprio fianco. "_La cava era là, con
i suoi 186 gradini irregolari, sassosi, scivolosi. Gli attuali
visitatori della cava di Mauthausen non possono rendersi conto, poiché
in seguito i gradini sono stati rifatti - veri scalini cementati,
piatti
e regolari - mentre allora erano semplicemente tagliati col piccone
nell'argilla e nella roccia, tenuti da tondelli di legno, ineguali in
altezza e larghezza_". La descrizione resa dal giornalista francese
Christian Bernadac, figlio di un deportato, nel suo libro "_I 186
gradini_ o _Tra i morti viventi di Mauthausen_", pubblicato nel 1974,
rende l'idea di quell' inferno.

La scala della morte a Mauthausenjpg

I TRE SOTTOCAMPI DI GUSEN

I tre sottocampi intorno al villaggio di Gusen, a poca distanza da
Mauthausen, denominati Gusen I, Gusen II, Gusen III, costituirono una
realtà a sé per l'alto numero di deportati e l'estrema durezza delle
condizioni di prigionia e di lavoro. Aperti dal 1939 per lo
sfruttamento
delle vicine cave di granito, dal 1941 - anno d'installazione del
crematorio - vennero avviate le eliminazioni sistematiche di malati,
inabili, portatori sospetti di malattie contagiose con bagni di acqua
gelida, annegamenti di massa, iniezioni al cuore, gassazioni. Nel marzo
del 1944 iniziarono i lavori per la costruzione del campo di Gusen II
(St. Georgen). I deportati, oltre a costruire il campo, lavorano allo
scavo di un sistema di gallerie entro le quali vengono collocati
impianti per la produzione di armi e parti di aerei (Steyr-Daimler,
Messerschmitt). In dicembre iniziò la costruzione di Gusen III,
destinato alla produzione di laterizi. A Gusen passarono
complessivamente 60mila prigionieri, di cui circa tremila italiani.
Almeno la metà vi lasciò la vita. Nel tempo il campo di Gusen I ha
subito un'alterazione della sua fisionomia, ospitando ora una complesso
di abitazioni residenziali. Non vi è più traccia di recinzioni,
baracche o altre strutture. Resta riconoscibile, anche se ora è una
villetta abitata, l'edificio dell'ingresso e del comando del campo. Il
Memoriale venne realizzato grazie alla decisione dell'ANED e di altre
organizzazioni di ex deportati - in primo luogo francesi - di
acquistare
sul finire degli anni '50 il lotto di terreno su cui sorge per non
disperdere la memoria di quanto accadde. All'interno della costruzione
si trova il forno crematorio originale del campo, oggi di proprietà del
governo austriaco.

Gusenjpg

COSA RESTA DEL VIAGGIO…

Il viaggio, la visita al lager, la condivisione della medesima
esperienza in luoghi che hanno segnato tragicamente il '900
rappresentano oltre che un occasione per fare memoria uno stimolo per
diventare a propria volta testimoni di una delle pagine più orribili
della storia moderna, ora che i deportati sopravvissuti sono quasi del
tutto scomparsi per ragioni anagrafiche. Il dovere civile di
testimoniare serve come antidoto democratico nei confronti di tutte le
ideologie malate che tendono a cancellare l'altro, il diverso, negando
il pluralismo e qualsiasi forma di rispetto e convivenza.

Mauthausenjpg

Marco Travaglini