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Torneranno i prati, la guerra secondo Ermanno Olmi

2025-05-08 09:35

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Torneranno i prati, la guerra secondo Ermanno Olmi

Credo che la celebrazione del centenario della Prima Guerra Mondiale non abbia alcun senso se non chiediamo scusa per il tradimento di cui siamo stati colpevoli nei confronti dei giovani e dei milioni di morti in quel conflitto”. Ermanno Olmi, uno dei grandi maestri del cinema italiano, usò parole dure parlando del suo film Torneranno i prati. Una pellicola che non era sulla guerra ma sul dolore della guerra. Ermanno Olmi, regista bergamasco che ha fatto la storia del cinema italiano con film come Il posto (1961) e L’albero degli zoccoli (1978) scelse di raccontare gli orrori della Prima guerra mondiale nella sua ultima pellicola. Il film venne dedicato al padre («che quand’ero bambino mi raccontava della guerra dov’era stato soldato») e si basò proprio sui ricordi di quest’ultimo, come dichiarato dallo stesso Olmi. La vicenda si svolge nell’arco di una sola nottata, sul fronte Nord-Est, dopo gli ultimi sanguinosi scontri del 1917 sugli Altipiani. I soldati, la cui postazione è sommersa dalla neve, sono spaventati e ormai privi di speranza: il prossimo attimo potrebbe essere il loro mentre i bombardamenti si susseguono senza tregua. Il senso dell’attesa, la paura di quanto potrà accadere da un momento all’altro, rendono la pellicola ancor più straziante e drammatica: il nemico non ha volto, ma la minaccia è palpabile e incombente dal primo all’ultimo minuto. In mezzo a spari, feriti e morti, rimane la bellezza del paesaggio montano circostante, la cui pace si pone in evidente contrasto con la guerra che la sta attraversando. Girato sull’Altopiano di Asiago, Torneranno i prati è un lungometraggio per non dimenticare coloro che sono caduti durante il conflitto: una pellicola in cui il regista mostra la terribile fine di quei soldati di cui si è persa, colpevolmente, memoria. La fotografia, dalle tonalità seppia, trasmette al meglio la sensazione di un prodotto storicamente credibile, approfondito e curato in ogni dettaglio. Gli stessi suoni sono evocativi: quello dei campanelli sul filo spinato, il rumore assordante delle bombe, lo scandire delle vite attraverso il continuo e inesorabile rimbombo delle esplosioni in lontananza. Le riprese, accompagnate dalla musica di Paolo Fresu, coinvolsero si è l’Altopiano di Asiago, luogo caro al regista, durante un gelido inverno. Esattamente in Valgiardini, a quota 1.100 metri, vennero girate le scene all’interno della trincea, mentre per gli esterni venne scelta la località Dosso Di Sopra Val Formica - Cima Larici, a quota 1.800 metri. La storia, quella vera e sofferta, è fatta anche di ricordi materiali e non solo emotivi (quelli che interrogano lo spettatore quando uno e più protagonisti fissano lo schermo in avanti, squarciando l’inquadratura, fissando la sala, come a urlare la loro ingombrante presenza nel ricordo di tutta la storia della nazione). Il maestro Olmi, con questa opera d’arte cinematografica, offrì uno strumento di memoria e ricordo perenne dell’orrore della guerra, di tutte le guerre.



Marco Travaglini



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